Una Volvo a guida autonoma durante un test

Volvo e guida autonoma: intelligenza artificiale e tecnologia avanzano ma vanno conciliate con etica, diritto e infrastrutture

di Sergio Troise
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MILANO - L’innovazione tecnologica applicata all’automotive avanza a ritmi incalzanti, in alcuni casi sorprendenti, al punto da proporre vere e proprie fughe in avanti rispetto all’opinione pubblica e alle regole di convivenza in vigore. La punta avanzata di questo “nuovo che avanza” è la guida autonoma, che già da qualche anno si annuncia come uno degli elementi chiave della futura mobilità sostenibile. E’ di pochi giorni fa la notizia della vittoria di una monoposto italiana, allestita da un gruppo di docenti e studenti del Politecnico di Milano, nell’Indy Autonomous Challenge, competizione riservata ad auto senza pilota organizzata nell’ambito del CES di Las Vegas. E a ritmi sostenuti si susseguono le notizie sugli stati di avanzamento dei reparti ricerca e sviluppo di un po’ tutte le case automobilistiche. Ma fino a che punto siamo pronti ad accogliere il cambiamento proposto dalla tecnologia? E in che misura il cambiamento delle regole sulla mobilità inciderà sull’etica e sul diritto?

Su questi temi ci si è interrogati nel corso di un incontro svoltosi a Milano, nella sede del Volvo Studio, che ha avuto per oggetto, appunto, “Nuove regole della mobilità fra etica, diritto e sviluppo di prodotto”. Vi hanno preso parte, con il padrone di casa Michele Crisci (presidente di Volvo Italia) e con il moderatore Gianluca Pellegrini (direttore di Quattroruote), il professore Guido Calabresi, emerito della facoltà di giurisprudenza presso l’università degli studi di Yale (in collegamento da New York), ed Enrico Al Mureden, docente di diritto civile e di product safety, product liability and automotive presso l’Università di Bologna.

I due esperti – vale la pena ricordarlo – sono gli autori di Driverless Cars, libro che in maniera interdisciplinare affronta i temi emergenti nel sistema statunitense e in quello dell’Unione Europea a seguito dell’applicazione dell’intelligenza artificiale alla mobilità stradale: un tema, come detto, sospeso fra etica, diritto e sviluppo di prodotto, valori interdipendenti non trascurabili se si vuole avanzare correttamente sulla via della sicurezza stradale e sulla conseguente riduzione delle vittime della strada.

In chiave di attualità, Volvo ha di recente annunciato che saranno i clienti californiani i primi a poter avere sulle proprie Volvo di prossima generazione la funzione Ride Pilot di guida autonoma autostradale di livello 4. Lo ha ricordato Crisci, specificando però che “mentre l’auto elettrica si sta smarcando, è ancora lunga la strada che porterà la guida autonoma a integrarsi nel contesto sociale. Noi di Volvo – ha aggiunto – siamo da sempre in prima linea sul fronte della sicurezza, e da quando abbiamo introdotto il sistema di frenata automatica abbiamo riscontrato una riduzione della vendita di ricambi del 50%, segno inequivocabile di un effetto positivo dell’innovazione. Ciò detto, dopo i progressi fatti dagli ADAS e dai sistemi di guida autonoma per i livelli 2 e 3, è ancora lunga la strada che porterà al livello 5”.

Nel corso dell’incontro milanese è emersa una certezza: serve una lunga transizione – hanno concordato gli esperti – sottolineando che il vero problema è il contesto in cui va a innestarsi la tecnologia più avanzata. Permane infatti una “incompatibilità ambientale” per il momento insuperabile. Più in dettaglio, è stato spiegato che seppure una Casa automobilistica lanciasse ora sul mercato un’auto a guida totalmente autonoma, questa andrebbe a innestarsi in un contesto fatto di veicoli anziani, e l’auto non potrebbe esprimere tutte le sue potenzialità. Soltanto l’adeguamento del parco circolante, delle strade, delle autostrade, della segnaletica potrà rendere possibile l’automazione più spinta.

Su questo aspetto dell’integrazione tra i vari “attori” coinvolti nel processo di automazione ha fatto un esempio molto calzante il presidente di Volvo Italia. “Già oggi – ha osservato Crisci – può capitare che il GPS e gli automatismi collegati segnalino informazioni diverse dalla realtà, come la necessità di frenare da 100 a 30 chilometri orari lì dove c’era un cantiere di lavori che in realtà non c’è più. Se il cantiere è stato smobilitato, ma il cartello è rimasto lì, l’auto “legge” ancora 30 e frena inutilmente, provocando una possibile situazione di pericolo”.

Insomma, auto intelligenti hanno bisogno di strade intelligenti. Serve dunque un dialogo tra veicoli e infrastrutture. Tutto ciò investe le amministrazioni pubbliche, esattamente come sta avvenendo, con grande fatica e notevoli ritardi, per la diffusione delle auto elettriche, frenata dalla insufficiente rete di distribuzione dell’energia. In Nord Europa – è stato ricordato - ci sono già maggiori infrastrutture; in Italia siamo indietro, ma – è stato osservato – il PNRR fa sperare in un adeguamento completato nel giro di due o tre anni. E per lo Stato ci sarebbe un ritorno certo, esattamente come avvenne a suo tempo quando furono investiti i miliardi necessari per costruire la rete autostradale.

Al di là dei ritardi e dei possibili investimenti del pubblico, l’incontro sul futuro dell’automazione ha concentrato l’attenzione anche sul grado di accettazione da parte della gente comune, sulle stime in materia di riduzione degli incidenti e sul problema delle responsabilità. E si è giunti alla conclusione che ci si fiderà totalmente dell’auto a guida autonoma soltanto quando la tecnologia dimostrerà di avere il giusto appeal per la gente comune. “Il sistema di guida autonoma – ha osservato Crisci - dovrà garantire di guidare meglio di me e di non commettere errori in momenti decisivi”.

Al momento, invece, ci si fida dell’aereo, senza neanche chiedersi se ai comandi ci sia un pilota in carne e ossa o un pilota automatico. Per l’auto c’è ancora diffidenza. La tecnologia sarebbe pronta per i livelli 4 e 5, e ci sono le premesse per arrivare, in un domani tutto da definire, ai viaggi con posto letto in auto. Ma il processo è lento e graduale, com’è sempre stato per tutte le novità proposte dalla ricerca e dalla tecnica. Fu così – è stato ricordato - anche ai tempi dell’ABS, primo esempio di automatismo a bordo di un’auto.

Oggi sono sempre più diffusi i sistemi di assistenza alla guida (ADAS) e stiamo passando dal livello 2 al 3, mentre per il 4 e 5 sono in corso test avanzati. Ma la strada è ancora lunga. Gli esperti che hanno partecipato all’incontro di Milano si sono detti comunque certi che grazie all’intelligenza artificiale e alla guida autonoma sarà sicuramente possibile ridurre gli incidenti e le vittime della strada. “Non sarà possibile l’azzeramento al 100% - ha detto il professore Calabresi – ma sarà possibile una riduzione degli incidenti fino al 90%”.

“Sono proiezioni scientifiche” ha assicurato da parte sua il professore Al Mureden, sottolineando che la tecnologia può portare solo benefici, a condizione che si valorizzi il dialogo interdisciplinare, ovvero tra esperti d’ingegneria e di diritto, legislatori e amministrazioni pubbliche. “L’esempio più calzante, in materia d’integrazione tra ruoli diversi ma connessi, è il Codice della strada: i giuristi non avrebbero mai potuto farlo senza il parere dei tecnici”.

Nel suo ruolo di esperto di diritto, il docente dell’università di Bologna si è soffermato anche sul problema delle responsabilità. Dati per scontati l’adeguamento delle infrastrutture e l’accettazione sociale dell’auto a guida autonoma, di chi sarà la responsabilità in caso d’incidente? Finora, con le auto tradizionali, la nostra giurisprudenza ha assicurato la responsabilità al proprietario e al conducente del veicolo. Ma se l’auto si muove autonomamente che cosa succede?

Una corrente di pensiero porta a sostenere che la responsabilità sia del prodotto, dunque della casa costruttrice, ma è un’opinione che cozza contro la legge attuale, in base alla quale rimane responsabile il guidatore/proprietario anche se l’auto ha un difetto di fabbrica. Di conseguenza è ipotizzabile che sarà così anche quando si diffonderanno le auto a guida 100% autonoma. “Potremmo dire – osserva il professore - che il diritto non ha bisogno di essere cambiato perché è stato così lungimirante da adattarsi alla guida autonoma”.

Rimane però in sospeso un problema etico, che prescinde da leggi e regolamenti. Ad esempio, in caso di pericolo incombente, come decidere tra la vita di una persona o di un’altra, di un anziano o di un bambino? “Qualunque scelta programmata potrebbe risultare sbagliata – dice il professore Calabresi -. Ed è ipotizzabile – aggiunge – che ci saranno regole diverse da nazione a nazione, così come avviene oggi per questioni d’interesse generale come la somministrazione dei vaccini. Resta il fatto che l’automazione va vista come un bene, un qualcosa che può migliorare la nostra vita. Prendete un anziano non più in grado di guidare: l’auto a guida autonoma lo porterebbe dove vuole”.

Sui tempi d’introduzione della guida 100% autonoma in Europa, e in particolare in Italia, nessuno è oggi in grado di sbilanciarsi. Tuttavia il numero uno di Volvo Italia, Michele Crisci, ha ricordato che seppure la guida autonoma non è ancora nel comune sentire la tecnologia Ride Pilot sviluppata da Volvo Cars per le autostrade della California debutterà nel corso di quest’anno a bordo di un SUV, e che dal 2024 sarà disponibile per tutti una sorta di scatola nera delegata a controllare il funzionamento del sistema.

Una spada di Damocle per le case automobilistiche? “Noi di Volvo – dice Crisci – ci fidiamo talmente tanto dei nostri prodotti da ritenere che gli incidenti saranno così marginali da non crearci problemi il dover rimborsare eventuali vittime. Per noi produttori si passerebbe dal marketing alla responsabilità sociale, e chi dice di avere qualcosa dovrà averla davvero”.

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Lunedì 17 Gennaio 2022 - Ultimo aggiornamento: 10:53 | © RIPRODUZIONE RISERVATA
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