ROMA - Il mercato italiano dell’auto continua ad essere in buona forma e, nonostante l’incertezza generata dalle lunghe trattative per cercare di formare un nuovo governo, le vendite non hanno rallentato, segnando un segno più anche nel primo quadrimestre del 2018. Dopo un leggero calo a febbraio e marzo (rispettivamente -1,4% e -5,8%), ad aprile le consegne hanno ripreso a correre (+6,5%) riportando in territorio positivo pure il cumulato. Nell’ultimo mese l’incremento delle immatricolazioni è stato addirittura più consistente in Europa dove la crescita ha sfiorato la doppia cifra (9,6%).
Nonostante l’approccio svantaggioso rispetto all’estero del nostro regime fiscale, ad alimentare la spinta continuano ad essere le vetture aziendali che nel mese di marzo hanno superato per la prima volta la storica barriere della metà (50,1%) del mercato totale. Non siamo ancora ai livelli di Francia, Spagna, Gran Bretagna e, soprattutto, Germania, ma il distacco ormai è minimo e se il legislatore introducesse solo alcune delle modifiche che le associazioni di categoria chiedono da anni l’aggancio sarebbe scontato e le immatricolazioni crescerebbero ulteriormente. All’interno del grande comparto delle vetture aziendali, che ormai vale circa metà della mela, la voce grossa è quella del noleggio nelle sue varie forme. L’antico “rent a car”, il più giovane “lungo termine” e poi il car sharing nato da poco, oltre a formule intermedie e molto flessibili studiate ad hoc per soddisfare le esigenze del consumatore e fargli spendere sempre meno. La crescita di questo filone è quasi scontata poiché, come quasi sempre avviene quando un aumento è significativo, c’è una convergenza di “interessi”. L’utilizzo al posto della proprietà dell’auto è vista bene dal legislatore e dalle amministrazioni locali per ridurre il traffico e limitare l’inquinamento, è accettata dai costruttori che hanno inserito il format nei loro piani strategici e accolta con favore dagli automobilisti che possono avere una scelta sempre più ampia.
Non è certo un caso che tutte le principali case automobilistiche del pianeta abbiano inserito la “condivisione” fra i loro asset fondamentali, al pari degli altri tre pilastri (connessione, elettrificazione e guida autonoma) che saranno i protagonisti dell’epocale rivoluzione in arrivo. Sia come sia, tutte le previsione dicono che il noleggio nel 2018 rappresenterà un quarto delle vendite totali, ma in alcuni mesi si è già andati oltre sfiorando un terzo delle immatricolazioni. Nel 2017 il noleggio in Italia ha avuto una quota del 21,8% (13% il lungo termine, 8,7% il breve termine), mentre le società avevano registrato la stessa percentuale (21,9%) e i privati il 56,4%. A gennaio la quota del noleggio è stata del 22,8% (+15,5%), a febbraio del 29,6% (+18,9%), a marzo addirittura del 30,6% con un incremento in ogni caso notevolmente superiore a quello delle vendite totali. L’Unrae, l’associazione dei costruttori esteri, fa giustamente notare che l’analisi deve essere più approfondita poiché sono cambiati gli equilibri in campo e non c’è un fuggi fuggi dei clienti privati. Alcuni di questi, infatti, sono passati dall’acquisto dell’auto al noleggio a lungo termine (o a medio termine poiché la lunghezza del contratto può essere sempre più differenziata), una formula fino a poco tempo fa riservata quasi esclusivamente alle aziende. Continua a crescere, inoltre, la pratica dei “chilometri zero”, vetture immatricolate ad aziende, ma che in realtà vengono volturate quando sono ancora nuove ad un cliente privato.
L’Aniasa, l’associazione che rappresenta l’autonoleggio, evidenzia che la crescita del loro comparto è un bene per tutti perché va nella direzione della mobilità sostenibile. I veicoli gestiti da professionisti, infatti, hanno un’assistenza più attenta, spesso sono più ricchi di contenuti (gli optional innovativi incutono meno timore sulla rata che sul prezzo d’acquisto) e dopo poco tempo generano un usato “fresco” che sicuramente facilità quel rinnovo del parco circolante (ormai la media è oltre i dieci anni) da tutti considerato indispensabile per avere più sicurezza e un maggior rispetto ambientale. L’Unrae ha da poco presentato un piano articolato che intende perseguire per accompagnare il mercato italiano dell’auto verso la mobilità ad emissioni zero. Un contatto costante con le istituzioni e le amministrazioni locali per evitare di adottare provvedimenti diversi fra loro e alcuni dei quali poco centrati. Avanza l’ipotesi governativa di incentivi per le vetture più ecologiche (elettriche ed ibride), ma sarebbe il caso di avere un approccio meno critico anche nei confronti del diesel che ha ancora diverse frecce nel suo arco. Resta il problema della fiscalità delle auto aziendali da mettere a posto: come si è visto con il superammortamento ora ridimensionato, basta poco per dare vigore alle vendite.