Gli italiani hanno speso 45 miliardi di euro per acquistare le proprie automobili nel corso del 2023 appena trascorso, somma che, ponderata con le 1.590.610 unità immatricolate (+20%), indica un valore di acquisto medio di oltre 28mila euro. Lo dicono i primi dati forniti dal centro studi Fleet&Mobility che dal 2006 compie un’analisi del mercato a valore e non secondo i volumi.
In attesa di vedere la ricerca completa relativa al 2023 con tutti i dettagli – lo scorso anno fu pubblicata all’inizio del mese di luglio – si può dire che il valore dell’intero mercato ha raggiunto il massimo storico superando i 44,9 miliardi rilevati nel 2007 quando però le immatricolazioni raggiunsero quasi 2,5 milioni di automobili e il prezzo medio unitario era intorno a 18mila euro. Anche allora c’erano gli incentivi statali che invece nel 2023 non hanno funzionato: sui 575 milioni messi a disposizione solo 278 milioni sono stati utilizzati, ovvero meno della metà.
L’altro dato saliente è il valore singolo della vettura che si mantiene ancora oltre i 28mila euro confermando sostanzialmente il valore record di 28.133 euro dello scorso anno. Facendo i conti della serva – ovvero dividendo il monte speso per le unità immatricolate – si ottengono anzi 28.300 euro, dunque un aumento dello 0,6%, davvero marginale e ben diverso da quelli riscontrati nel triennio 2019-2022 dove l’aumento tendenziale è stato del 10,3% con un accelerazione continua: +6,9% nel 2020, +8,4% nel 2021 e addirittura +15,7% nel 2022. Un confronto puntuale dei numeri sarà comunque possibile quando saranno disponibili tutti i dati per marchi, canale di vendita e alimentazione che danno da sempre uno spaccato interessante di come si sta muovendo un mercato.
Quest’ultimo, con la pandemia da Covid-19, la crisi dei superconduttori e quella delle materie prime dovuta al conflitto in Ucraina, ha cambiato completamente i propri riferimenti puntando ai profitti invece che ai volumi e allineandosi sostanzialmente agli altri business dove i margini contano più delle unità vendute. Ovviamente, questo va a vantaggio delle case, che fanno utili, e a discapito del consumatore, che si trova a spendere molto di più di quanto era abituato a fare, anche perché sono sempre di meno i modelli di piccole dimensioni e a basso costo offerti.
Questo ed altri fenomeni stanno spingendo sempre i consumatori a procrastinare la sostituzione dell’auto e a rivolgersi maggiormente al mercato dell’usato come mostrato dai dati. Nel primo caso, l’ACI segnala che l’età media del parco circolante sta aumentando costantemente e si è passati progressivamente dagli 8,1 anni del 2010 ai 12,5 anni del 2023. Nel secondo caso, i dati dell’Unrae riportano un aumento dell’11,7% fino al mese di ottobre oltre al fatto che le emissioni medie di CO2 addirittura salgono (119,5 g/km, +0,7%).
Le nuovi alimentazioni ancora stentano: l’ibrido è al 36,2%, ma le ibride “vere” ovvero quelle che sono in grado di marciare part-time in elettrico, sono il 10%; l’ibrido plug-in è al 4,4% ed è addirittura in calo dal 5,1% dello scorso anno pur avendo aumentato leggermente in volume (70.188 unità contro 67.951); infine l’elettrico è al 4,2% contro il 3,7% del 2022. È la foto di un mercato bloccato da un meccanismo perverso che gli impedisce di fare passi avanti, neppure con gli incentivi statali. Si spera che i nuovi, nettamente più generosi, e l’arrivo di nuovi modelli più interessanti ed accessibili, possano dare un impulso in quantità e qualità.
Di sicuro i piazzali dei concessionari – alcuni dei quali diventano agenzie e hanno meno vicnoli formali verso i distributori e i costruttori – sono di nuovo pieni, le statistiche segnalano un netto aumento delle autoimmatricolazioni e già da mesi sono ripartite le campagne commerciali e di comunicazione. Ma è difficile ipotizzare un ritorno al passato a favore dei consumatori perché il mercato e l’industria dell’automobile hanno già cambiato pelle, come sostiene Pier Luigi del Viscovo, del Centro Studi Fleet&Mobility.
«Gli italiani non avevano mai dato tanti soldi per avere in cambio delle macchine. Ma è un mercato molto diverso da quelli degli ultimi anni. Se prima era un mercato “popolare” che cercava di dare a chiunque un’auto nuova, anche sottocosto pur di far girare le fabbriche, adesso l’industria guarda ai margini e acquistare un’auto nuova non è per tutti. Chi lo fa la tiene più a lungo, ma sono sempre di più quelli che guardano all’usato. Alla luce di questo nuovo posizionamento del prodotto voluto dalle Case, guardare ai volumi e vagheggiare che possano tornare ai livelli pre-Covid non ha alcun senso: quando i prezzi salgono i volumi calano, è una legge nota in economia».