L’ingresso dello Stato in Stellantis, questione venuta alla ribalta negli ultimi giorni, appare difficilmente percorribile anche perché gli scogli da superare sono molti: dove comprare le azioni soprattutto se si intende avere una partecipazione al capitale non simbolica, il costo di queste azioni, i reali benefici. Stellantis, nata nel 2021 dalla fusione tra Fca e Psa, ha una capitalizzazione, ai valori attuali di Borsa, di 67 miliardi di euro. Se il governo italiano oggi volesse acquisire una quota pari al 6,1% - uguale a quella che il governo francese detiene attraverso Bpi, l’equivalente della nostra Cassa Depositi e Prestiti - dovrebbe, quindi, pagare ai valori di Borsa attuali 4,1 miliardi di euro. Non bisogna però dimenticare che nel frattempo Bpi, che come Exor e Peugeot è azionista di lungo corso di Stellantis, dopo tre anni di possesso della quota, ha chiesto e ottenuto di aumentare i diritti di voto in assemblea. Quindi oggi il governo francese ha un peso pari al 9,6%. Con lo stesso meccanismo Exor è salita al 23,13% e Peugeot all’11,1%.
Questo vuol dire che se anche acquisisse il 6,1% spendendo 4,1 miliardi il governo italiano non avrebbe lo stesso peso del governo francese. Non sarebbe neanche automatico un posto nel board di Stellantis perché dovrebbe essere presentata in assemblea una lista in grado di avere una minoranza qualificata di capitale a sostegno della proposta. La discussione sulla possibilità di una partecipazione dello Stato italiano nel capitale di Stellantis, ritornata in questi giorni al centro delle cronache, non è nuova. Già nel 2022, un anno dopo la fusione, il Copasir aveva chiesto di valutare l’ingresso di Cassa depositi e prestiti nel gruppo Stellantis per controbilanciare il peso della Francia nel gruppo. A porre la questione relativa all’acquisizione di una quota di minoranza della società è stato già in passato il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. L’iniziativa avrebbe potuto essere messa a punto anche attraverso il Fondo nazionale Made in Italy previsto da un disegno di legge del governo Meloni. Ci sono tuttavia alcuni ostacoli.
Il fondo sovrano investirebbe solamente nelle aziende con sede legale in Italia, mentre Stellantis è una società di diritto olandese. Inoltre il presidente del gruppo John Elkann ha spiegato che Stellantis non ha bisogno della presenza dello Stato italiano perché gli Stati intervengono quando una società va male e che la presenza dello Stato francese è dovuta alle difficoltà avute in passato da Psa che avevano richiesto un salvataggio pubblico. Anche in Italia in passato lo Stato è intervenuto per salvare un’azienda dell’ auto. Bisogna risalire al 1933 quando il governo italiano decise di rilevare, attraverso l’Iri, le quote dell’Alfa Romeo che era già di proprietà delle banche.