Tayyip Erdogan e Elon Musk. Il presidente turco ha chiesto al fondatore di Tesla di impiantare una gigafactory in Turchia offrendo disponibilità a collaborare anche nei settori dell'intelligenza artificiale e aerospaziale.

Tesla, corte spietata da Turchia e Arabia Saudita per accogliere una gigafactory, ma anche India ed Israele sono in lizza

di Nicola Desiderio
  • condividi l'articolo

Tesla è alla ricerca di un sito per il suo ottavo stabilimento e tra i paesi candidati ad ospitarlo i più caldi sono la Turchia e l’Arabia Saudita. È quanto emerge dalle cronache dei giorni scorsi che ha visto a New York l’incontro tra Elon Musk e il presidente turco Tayyip Erdogan, di passaggio nella Grande Mela per presenziare alla 78^ sessione dell’Assemblea Generale dell’Onu.

Il tycoon sudafricano e il numero uno di Ankara si sono visti al Turkish House, un grattacielo che si trova nei pressi del Palazzo di Vetro. Erdogan non ha usato giri di parole: la Turchia aspetta a braccia aperte una gigafactory di Tesla la quale potrebbe contare sulla presenza di una filiera ben strutturata che già rifornisce la stessa Tesla e altri costruttori ampiamente presenti in Anatolia come Ford, Honda, Hyundai, Mercedes, Stellantis e Toyota. E non solo: le porte sono aperte per lavorare insieme anche nel settore dell’intelligenza artificiale e in quello aerospaziale nel quale l’altra grande azienda di Musk, SpaceX, è leader mondiale sia per i lanciatori sia per i sistemi satellitari a banda larga come Starlink. Erdogan ha auspicato che il servizio di Starlink sia presto attivato anche in Turchia e ha invitato il numero uno di Tesla e SpaceX a presenziare al Festival turco di aerospazio e tecnologia che si terrà a Izmir alla fine del mese.

L’altro fronte che si sta aprendo in Medio-Oriente è quello dell’Arabia Saudita. Secondo il Wall Street Journal, anche Riyad avrebbe iniziato a corteggiare Elon Musk per convincerlo a impiantare una gigafactroy sul proprio territorio, in un luogo alquanto emblematico visto che parliamo del secondo paese produttore di petrolio al mondo con 10,6 milioni di barili al giorno nel 2022, ovvero il 13% del totale, e un terzo dei 31,6 milioni estratti dall’Opec, il 39% degli 80,6 milioni registrati in media a livello mondiale. Musk ha negato contatti il Public Investment Fund, il fondo sovrano saudita che starebbe giocando con il numero uno di Palo Alto una partita ancora più ampia che comprende Trafigura, compagnia di trading con sede a Singapore che ha le mani sulla miniera di Mutoshi, nel Congo, per l’estrazione di Rame e Cobalto, materiali fondamentali per le automobili elettrica e la cui stabile fornitura è essenziale per i piani di Musk.

Il Public Investment Fund, che ha già rapporti di affari con Trafigura proprio nel settore minerario, potrebbe aver offerto a Musk un canale di approvvigionamento preferenziale, utile non solo per lo stabilimento saudita, ma per tutti quelli che dovranno essere costruiti per portare la capacità produttiva di Tesla ai 20 milioni di unità entro il 2030. Al momento, sono sei gli stabilimenti attivi, in costruzione ce ne è un settimo in costruzione in Messico e in agosto Musk ha dichiarato di voler impiantare una gigafactory in India dove produrre in futuro un modello a basso costo. Ma in questo intrigo c’è un altro elemento: l’incontro tra Musk e il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu in California. Visti i rapporti non certo idilliaci tra Tel Aviv e i paesi musulmani, l’annuncio concomitante da parte di Musk (insieme alla smentita polemica sulla pista saudita) potrebbe essere un segnale oppure che anche Israele vuole inserirsi tra i pretendenti giocando una partita industriale, ma anche geopolitica.

L’auto elettrica e il dominio delle materie prime collegate sono infatti sempre di più un tema strategico, non solo se visti dal punto di vista politico, ma anche economico ed industriale. L’Arabia Saudita infatti sta mettendo in campo investimenti enormi per la decarbonizzazione e la diversificazione della propria economia. Lo dimostra quanto sta facendo Aramco, la società governativa di gestione degli idrocarburi, particolarmente attiva per lo sviluppo dell’idrogeno e degli e-fuel. Il Public Investment Fund possiede inoltre il 61,4% di Lucid, costruttore di auto elettrico anch’esso californiano, posizionatosi nella fascia alta del mercato grazie alle sue tecnologie d’avanguardia come la piattaforma a 900 Volt, la ricarica bidirezionale e motogeneratori che vantano un elevatissima densità di potenza e la Lucid fornisce anche alle monoposto di Formula E. Il governo arabo ha annunciato l’acquisto di 50mila vetture da Lucid che sta costruendo uno stabilimento a Jeddah con una capacità di 150mila unità annue.

  • condividi l'articolo
Mercoledì 20 Settembre 2023 - Ultimo aggiornamento: 22-09-2023 09:25 | © RIPRODUZIONE RISERVATA