Lotus fa marcia indietro sugli EV e punta sui “super hybrid”. Il ceo Feng: «Propulsori ibridi plug-in con range-extender»
Lotus, l’arrivo del Super Hybrid ritarderà il passaggio alla produzione di sole vetture elettriche
Theory 1, la supersportiva elettrica secondo Lotus che coniuga prestazioni con sicurezza e sostenibilità
Lotus vuole far rivivere anche il passato che non c’è stato con la Type 66, prototipo di corsa pensato da Colin Chapman in persona nel 1970 per competere nel campionato Can-Am che però non fu mai costruito e rimase solo sulla carta.
E proprio partendo da quei disegni e con la collaborazione del figlio del fondatore Clive, i tecnici hanno realizzato due modelli in scala 1/4 e 1/10 per portare a compimento il vecchio progetto e costruire 10 esemplari che offriranno prestazioni persino superiori a quelle immaginate a quel tempo, grazie ad innesti di tecnologie che allora non c’erano o si trovavano ad un livello di sviluppo inferiore. Secondo gli uomini Lotus, la Type 66 che scenderà in pista sarà veloce almeno quanto una GT3, almeno secondo le simulazioni effettuate virtualmente a Laguna Seca, Spa-Francorchamps, Silverstone e Fuji. Dunque ci sarà da divertirsi per chi potrà mettersela in garage per trascorrere magnifici fine settimana su circuito.
Nella mente di Colin Chapman, la Type 66 avrebbe dovuto sfruttare alcune delle soluzioni della Type 72, destinata a debuttare anch’essa nel 1970 e a farlo in modo tragicamente efficace visto che la vettura si rivelò così forte da permettere a Jochen Rindt di vincere postumo il Campionato del Mondo. Dopo la sua morte, avvenuta durante le qualifiche al Gran Premio di Monza, prese il volante della stessa vettura Emerson Fittipaldi che, vincendo il Gran Premio degli USA a Watkins Glen, impedì a Jacky Ickx e alla sua Ferrari 312 B di scavalcare Rindt in classifica. La Lotus 72 vinse in quell’anno anche il titolo Costruttori ripetendosi nel 1972, anno nel quale Fittipaldi vinse il suo primo titolo, e nel 1973. Ed è stato proprio l’ex asso brasiliano, a scoprire la vettura di fronte al The Quail prima che venisse esposta a Pebble Beach.
Tra le caratteristiche principali della Type 72 c’erano i freni montati all’interno del telaio e l’aerodinamica molto avanzata, grazie in particolare al posizionamento laterale di due radiatori piccoli invece di uno singolo frontale. In questo modo il muso era molto più basso permettendo di avere migliore penetrazione e maggiore efficienza delle ali. La Type 66 era stata progettata proprio con i radiatori laterali, in modo da avere, anche in questo caso, un muso più basso e piatto. Rivisto ai giorni nostri, questa caratteristica permette di esaltare la cosiddetta porosità aerodinamica, concetto già applicato alla Evija e alla Eletre e che consiste nel convogliare e guidare i flussi all’interno della sagoma della vettura.
A quel tempo Chapman aveva già applicato idee quali i pannelli di alluminio a nido d’ape e il motore con funzione portante. La Type 66 ne avrebbe sicuramente beneficiato, ma la tecnologia attuale permette di avere un materiale ancora più rigido e leggero come la fibra di carbonio, anche se l’alluminio è impiegato per la parte esterna. Inoltre è stato condotto uno studio aerodinamico ancora più avanzato attraverso 1.000 di computo fluidodinamico che, guardando ai prototipi utilizzati nelle corse di durata, hanno consigliato alcune modifiche alla coda ottenendo valori di downforce tali da superare quelli della massa della vettura. Il peso non è stato dichiarato, ma la Type 66 sviluppa una deportanza di 800 kg a 150 miglia orarie (241 km/h).
Strettamente improntato alla tradizione è invece il posto guida con strumenti analogici, a sfondo nero con lancette bianche, volante perfettamente circolare a tre razze e leva del cambio con pomellino in legno. A questo proposito, della meccanica si sa che la trasmissione sarà sequenziale e che il motore sarà un V8 capace di erogare 830 cv a 8.800 giri/min e una coppia di 746 Nm a 7.400 giri/min. Tra le sue caratteristiche, le scenografiche trombette di aspirazione, la distribuzione ad aste e bilancieri con albero, pistoni e bielle in alluminio forgiato. La Type 77 montava invece il leggendario Ford-Cosworth DFV, vincitore di centinaia di gare in molteplici categorie. La Type 66 avrà lo servosterzo elettromeccanico, l’ABS e la frizione antistallo.
E per finire, avrà una livrea negli colori rosso, bianco e oro che la Lotus utilizzava sulle proprie monoposto di Formula 1 agli inizi degli anni ’70 quando aveva come sponsor la Texaco, prima di assumere il nero e le scritte in oro della John Player Special. La Lotus 66 costerà circa un milione di sterline, ma non ci sono notizie sull’inizio della produzione e su quando saranno aperti gli ordini. Quel che è sicuro è che sarà affascinante vedere ai nostri giorni un’auto immaginata oltre 50 anni fa e i cui progetti sono stati custoditi gelosamente in attesa del momento giusto, come se fossero la ricetta segreta di un alchimista.