Renault, la tecnologia affascinante. Svelata la “4” che si affianca alla “5”: come far rivivere la tradizione con la mobilità elettrica
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Ancora una volta il numero uno del gruppo Renault Luca De Meo ha ribadito la posizione dell’industria automobilistica europea – a nome della quale parla in qualità di presidente dell’Acea, l’Associazione dei costruttori continentali – sulla rivoluzione epocale che sta ridisegnando rapporti di forza ritenuti fino a ieri immutabili e ora messi in discussione dall’impetuosa avanzata dei player orientali che sta spostando verso Est il baricentro di un settore cruciale le economie di molti Paesi, Italia compresa.
L’occasione più recente per fare il punto è stata offerta dalla prima edizione di Quattroruote Next, il nuovo appuntamento annuale che, sostituendo lo storico Quattroruote Day dell’era pre-Covid e che già nel titolo tradisce l’orientamento a indagare e spiegare le nuove tendenze, ha richiamato a Milano il Gotha delle marche attive nel nostro Paese e della componentistica nazionale. È stato proprio De Meo, intervistato da Gianluca Pellegrini, direttore della prestigiosa pubblicazione e quindi nelle vesti di “padrone di casa”, ad aprire i lavori del convegno.
Il presidente dell’Acea ha tra l’altro preso le distanze dalla proposta, avanzata da più parti, di rispondere per le rime all’aggressività con dazi e misure protezionistiche: «Questi interventi da soli non bastano. Ma non possiamo arrestare la corsa verso l’elettrico e l’economia sostenibile che sarà il volano della nostra futura competitività».
Quello che davvero serve – ha evidenziato – è una strategia continentale che non si limiti a «impilare una sull'altra regolamentazioni, scadenze e multe» ma tenga conto, senza pregiudizi ideologici, delle reali necessità dei clienti e delle imprese del settore. «E rimango convinto che il regolatore debba indicarci dove dobbiamo andare, ma lasciare a noi la scelta di come arrivarci».
Neutralità tecnologica, quindi, ma sempre nel contesto di una sfida “green” alla quale non ci si può sottrarre, «una grande missione collettiva che ci possiamo ancora giocare con i cinesi e gli americani, anche perché su questi temi abbiamo una sensibilità culturale più forte». E auspica che la clausola di revisione delle scadenze “europee”, prevista per il 2026, offra l’opportunità di apportare delle correzioni, ma senza innescare una retromarcia che vanificherebbe gli investimenti miliardari già fatti in vista del “Green deal” da quasi tutti i costruttori.
I quali, a loro volta, non sono stati sempre coerenti nel messaggio da mandare, lasciando a volte prevalere la logica della concorrenza e non quella di fare squadra: «Lo vedo all’Acea, e ne ho avuto la prova al dibattito sull’Euro 7, nel quale mi sono ritrovato a spiegare ad autorità europee che il suo costo era dieci volte tanto quello che ci stavano dicendo. Serve più fiducia. Il nostro obiettivo è far avanzare l'economia: l'automobile è importante per l'Europa».
A proposito dello spostamento a Oriente, per De Meo è già una realtà, visto che la Cina è il primo produttore ed esportatore perché anche l’auto, come altri settori, ha delegato il “manufacturing” al di là della Grande Muraglia. «Penso che dobbiamo lottare per mantenere in Europa la capacità produttiva, come pure le attività di ricerca e sviluppo, perché i cinesi sono già molto forti sul fronte dell'innovazione. Siamo in competizione e intendiamo dimostrare che lo spostamento non sarà ineluttabile».