ROMA - Oggi in Formula 1 c’è un solo italiano, Antonio Giovinazzi, terzo pilota della Ferrari relegato ai margini del grande circo della velocità. Eppure la scuola italiana dell’automobilismo vanta una solida tradizione di campioni, gente che ha scritto la storia dello sport con prestazioni, risultati (e comportamenti fuori dei campi di gara) degni di essere ricordati. Benemerita dunque l’iniziativa di onorare la memoria di due personaggi come Elio De Angelis, protagonista nella Formula 1 degli anni 80, e di Lodovico Scarfiotti, ultimo italiano a vincere un Gran Premio d’Italia (Monza 1966) al volante di una Ferrari.
Il 16-17 giugno si svolgerà a Potenza Picena, nelle Marche, il Memorial Scarfiotti; il 6 giugno si è svolto a Roma, nella sede del Coni, l’incontro-tributo alla memoria di De Angelis. Le due iniziative hanno il merito di riportare in primo piano la memoria di due campioni del volante vissuti in epoche diverse, ma accomunati dalla capacità, dimostrata sul campo e nella vita, di vivere da gentlemen drivers un’attività professionale di altissimo livello. Entrambi provenivano da famiglie benestanti (Scarfiotti era cugino di Gianni Agnelli e suo nonno era stato tra i fondatori della Fiat), ma seppero costruirsi rispettabili carriere contando sulla propria passione e sulle indubitabili capacità.
Nato il 26 marzo del 1958, Elio De Angelis avrebbe compiuto 60 anni l’anno prossimo. Invece la sua vita fu stroncata il 15 maggio 1986, ad appena 28 anni, da un incidente in prova, sul circuito francese di Le Castellet, al volante di una Brabham BT55: un’auto poco sicura, come lo stesso Elio aveva denunciato, che lo tradì platealmente perdendo l’alettone mentre volava sul filo dei 300 km/h. Il ritardo e l’inadeguatezza dei soccorsi risultarono decisivi per la sorte del giovane pilota romano, spirato qualche ora dopo nell’ospedale di Marsiglia. Da quel giorno la FIA modificò le regole sui test, obbligando gli autodromi a predisporre misure di sicurezza e di soccorso nelle sessioni di prova come nelle gare ufficiali.
Prima di passare alla Brabham, Elio De Angelis aveva corso con la Shadow, agli esordi in Formula 1, e poi con la Lotus, dove era rimasto per sei anni, diventando il pupillo di Colin Chapman e ottenendo due vittorie, dieci podi, tre pole position. Memorabile il Mondiale dell’84, quando si classificò terzo alle spalle di Lauda e Prost. Nell’85 si trovò anche in testa al campionato, salvo essere poi scalzato da Michele Alboreto, con la Ferrari. Per l’Italia della Formula 1 era decisamente un periodo d’oro.
Il tributo a Elio De Angelis è stato promosso dal fratello Roberto e si è svolto al Foro Italico, con la partecipazione del presidente del CONI Giovanni Malagò, che ha rievocato la figura e i successi del pilota romano. Numerosi gli amici e gli appassionati convenuti, gente che ne seppe apprezzare le doti di pilota, ma anche il carattere docile, il tratto signorile, la sensibilità. Quel ragazzo dalla faccia pulita, di buona famiglia (il padre, costruttore, era stato campione di motonautica) sapeva dominare un bolide da 300 e passa km/h, ma amava anche la musica classica e suonava magnificamente il pianoforte. Si era promesso a Ute, splendida ragazza tedesca, che lo seguiva in giro per il mondo. Dopo la morte di Elio, lei si dedicò al giornalismo e un giorno tornò in Italia, a Napoli, per intervistare Diego Armando Maradona, che del pilota romano era stato tifoso e amico (il manager di Elio era un argentino trapiantato a Roma).
Tra i vecchi amici ritrovatisi al Foro Italico per onorare la memoria di De Angelis c’era l’ex ferrarista Jean Alesi, che a suo tempo s’era fatto riprodurre sul proprio casco le decorazioni del casco di Elio; c’era Beppe Gabbiani, suo irriducibile avversario nelle gare giovanili di Formula 3; Giancarlo Minardi, che nel 1977 lo volle nel proprio team di Formula 2 per poi proporlo a Enzo Ferrari (ci fu un incontro, ma poi l’accordo non si concluse). C’era anche Emanuele Pirro, che con Elio aveva cominciato a correre in kart (nella specialità giovanile Elio fu campione del mondo) e c’era l’organizzatore Sergio Peroni, che ha sottolineato i meriti di quella scuola di piloti italiani di cui faceva parte De Angelis, sottolineando la differenza con la deprimente situazione odierna.
Nell’occasione, è stata presentata, come detto, anche la terza edizione del Memorial intitolato a Lodovico Scarfiotti (18 ottobre 1933/8 giugno 1968), pilota di Maserati, Ferrari e Porsche negli anni 50/60, specialista delle cronoscalate (vinse due titoli europei della montagna) e delle gare di durata (nel curriculum una 24 Ore di Le Mans, una 1000 km di Monza, una 12 ore di Sebring, la 1000 km del Nurburgring), scomparso nel 1968 in prova con una Porsche. E’ stato il figlio Luigi ad illustrare il programma dell’evento in calendario il 16 e 17 giugno a Potenza Picena. Sono previsti convegni, conferenze, mostre e sfilate di auto storiche in stile anglosassone con ospiti prestigiosi e la presenza di vetture estremamente rare che in passato erano state condotte alla vittoria dal pilota marchigiano.
In prima fila la Ferrari Dino 166/206 S e l’OSCA 1600 SF 392. In una sorta di “gemellaggio” della memoria, saranno esposte anche alcune vetture da corsa che Elio De Angelis ha guidato alla vittoria, quali la Lotus 91 nel Gran Premio d’Austria del 1982, la Ralt di Formula 3 vittoriosa nel Gran Premio Lotteria di Monza del 1977 e la Chevron B38 vittoriosa a Montecarlo del 1978. L’ambientazione – come ha ricordato Paolo Scocco, assessore Cultura e Turismo di Potenza Picena – è quella delle strade che Lodovico Scarfiotti percorreva abitualmente sin da ragazzo con le moto e poi con le auto.