DIRIYAH – Lucas di Grassi, rientrato quest'anno alla Abt, supportata dalla Cupra, sembra sempre a suo agio. È il pilota che ha conquistato più punti in Formula E e con 13 successi è quello che ha vinto più ePrix assieme a Sébastien Buemi, che dalla scorsa stagione corre con la Envision. Non ha problemi a sbilanciarsi sui favoriti: «Porsche e Jaguar», taglia corto, senza pensarci. «Le omologazioni delle monoposto valgono due anni e questo è il secondo della Gen3 – spiega – e gli altri, come noi, possono imparare un po' ed avvicinarsi, ma per puntare ai grandi obiettivi occorre cambiare tutto il powertrain». «Altri – insiste – ne hanno uno che venti è chili più leggero del nostro».
Circa il suo tasso di “italianità”, il pilota brasiliano con radici pugliesi si tocca le vene: «Ehi, al novantasei percento ho sangue italiano – sorride – però mi sento brasiliano perché sono nato e cresciuto là», ossia a San Paolo, a mezz'ora da dove fra un mese e mezzo si corre il quarto ePrix della decima stagione. È la "seconda volta" della megalopoli sudamericana nel calendario del mondiale elettrico.
Non è che la Formula E stia diventando come la Formula 1 e che chi parte davanti vince sempre?
«No. O, meglio, dipende. Se la gara è come quella di Città de Messico o come questa, a Diriyah, è vero: nel senso che la qualifica è fondamentale. Però in altre gare non è così».
Ad esempio?
«San Paolo, Shanghai, Misano, Berlino, Portland, Monaco... sono almeno dieci le gare in cui chi parte dietro non è tagliato fuori».
Adesso che Roma non c'è più, qual è il circuito più bello?
«Il tracciato di Roma mi piaceva tantissimo. Adesso direi San Paolo e probabilmente Tokyo».
Come immagini la Formula E del futuro?
«Avremmo dovuto essere più avanti già con la Gen2, anche con le quattro ruote motrici (che forse arriveranno con l'evoluzione della Gen3, almeno in determinate condizioni, ndr). Personalmente lo dico fin dall'inizio, dalla Gen1, che serve la trazione integrale. Adesso abbiamo la macchina pronta, perché il doppio motore lo ha già: si tratta solo di cambiare il software».
Diversi piloti auspicano la trazione integrale, ma per il pubblico cosa cambia?
«Cambia l'accelerazione. Se queste monoposto potessero utilizzare l'intera potenza, inclusa quella del motore anteriore, avrebbero uno spunto da 0 a 200 orari migliore rispetto a quello dei bolidi di Formula 1».