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DIRIYAH – Sulle prestazioni Sébastien Buemi, il ritrovato campione di Formula E (aveva già vinto un titolo individuale nel 2016 e i primi tre consecutivi a squadre con la Renault e.dams) che con la Envision la passata stagione è tornato a salire sul gradino più alto del podio nel mondiale per scuderie, è disposto a fare compromessi sulle prestazioni pur di salvaguardare il Dna del circuito: «La Formula E è nata per correre nelle città – spiega il pilota svizzero in un eccellente italiano - solo che più le macchine vanno forte e più è difficile avere circuiti adatti: Roma, per esempio, era diventata troppo pericolosa. Con queste prestazioni è sempre più difficile disporre di tracciati adeguati».
Ma tu hai una soluzione.
«Ho sempre pensato che il futuro fosse quello di adattare la potenza al tracciato. Se vai a Portland, Shanghai o Città del Messico, ad esempio, allora devi poter usare tutta la potenza, mentre, per dire, se vai Londra no. La Fia potrebbe gestire questa opzione senza problemi per avere più circuiti urbani».
Con le sue 13 vittorie, Buemi è assieme a Lucas di Grassi (oggi alla Abt Cupra) il pilota più vittorioso del campionato. L'ultima sua affermazione risale tuttavia al 2019:
«Con Renault e.dams abbiamo vinto tanto – ricorda – ma poi alla fine è stato difficile. Abbiamo fatto delle scelte sbagliate sul powertrain e gli ultimi due anni con la Nissan sono stati ancora molto complessi. Non è stato facile andare via dal team con il quale ero stato per otto anni, anche se ho avuto fortuna a guidare per la Envision».
Hai vinto subito il titolo a squadre...
«È stato bello, sì. Ma mi sono sentito comunque fuori dalla mia comfort zone: prima parlavo sempre francese e conoscevo bene tutto il team. Quella della Nissan era la mia squadra».
La decima stagione è cominciata bene, però: subito secondo in Messico.
«Spero di essere capace di fare meglio per la squadra adesso che conosco bene la macchina e c'è più stabilità. Il secondo posto è il mio miglior risultato con la Envision, ma è solo l'inizio: abbiamo altre quindici gare».
Un bilancio alla decima stagionedelle Formula E?
«Non ricordo un campionato nuovo cresciuto così in dieci anni, mentre ne abbiamo visti alcuni che dopo qualche stagione sono spariti. Mi pare poi che con l'accordo con il Pif (Public Investment Fund, il fondo sovrano dell'Arabia Saudita, ndr) la Formula E abbia un bel futuro: sono contento di farne parte».
Qui a Diriyah le qualifiche si fanno sotto il sole, la gara con il buio: quanto sono difficili queste condizioni?
«Una macchina che va molto forte alle tre del pomeriggio in qualifica non è una macchina che può andare forte la sera. L'importante è sapere cosa fare per ottenere la miglior prestazione. La sera è più freddo, è più semplice per le gomme e permette di essere più aggressivi sull'assetto. Per la qualifica occorre trovare il giusto compromesso. Anche perché è diverso girare al pomeriggio con la sabbia che alla sera quando l'asfalto è già gommato».
L'anno scorso sei diventato anche campione del mondo a squadre nel Wec.
«Vincere in Formula E e nell'Endurance sono due cose diverse. Nel Wec condividi la macchina con altri due piloti, c'è più spirito di squadra ed è un sensazione diversa. Nella Formula E c'è più soddisfazione, ma è individuale».