La nautica italiana è cresciuta di 3 volte rispetto al Pil nazionale dal 2012 al 2022. Il suo impatto è 2.7 volte l’impatto economico diretto e 6 volte l’impatto occupazionale, ma il suo potenziale è inespresso: solo il 6% dei superyacht (le imbarcazioni oltre i 24 metri) in Italia ha bandiera italiana. Sono questi i dati salienti emersi dallo studio sull’impatto economico e occupazionale del comparto eseguito da Altagamma e Deloitte e illustrato a Milano da Giovanna Vitelli, vice presidente di Altagamma per il settore nautico e presidente del Gruppo Azimut-Benetti, e da Tommaso Nastasi, senior partner di Deloitte. Con loro, nel parterre de rois, il presidente di Altagamma Matteo Lunelli.
Si tratta del primo studio che inquadra l’impatto economico e occupazionale della nautica in Italia, Paese leader globale nella produzione di yacht sopra i 24 metri, considerando tanto la cantieristica quanto il turismo nautico. Nel corso dell’evento milanese è stato ricordato che l’impatto complessivo della nautica (intesa come cantieristica e turismo nautico) supera i 27 miliardi di euro l’anno. L’analisi infatti prende in considerazione sia le attività a monte della consegna dell’imbarcazione (costruzione di nuove unità, refit e manutenzione straordinaria) sia l’utilizzo successivo e i benefici generati dalla presenza stanziale o stagionale lungo le nostre coste. Benefici – sarà bene chiarirlo – non del tutto sfruttati, come ha ricordato la stessa Giovanna Vitelli affermando che “vanno valutate potenzialità inespresse di un comparto con notevoli margini di crescita”.
Tommaso Nastasi, in rappresentanza di Deloitte, ha sottolineato da parte sua come “la nautica da diporto sia un settore strategico per l’Italia sia per il contributo economico che per lo spillover su altre filiere del made in Italy e del turismo. Una maggiore valorizzazione della filiera dei servizi e del turismo nautico – ha detto - può̀ generare ricadute importanti per l’economia italiana”.
Ma quanto vale, in numeri, la nautica italiana? Secondo lo studio illustrato da Altagamma e Deloitte “la nautica da diporto rappresenta un pilastro strategico per l’Italia, con un impatto complessivo di circa 27.7 miliardi di euro e 157.000 occupati, attivando le filiere complementari del turismo e del Made in Italy, con un effetto moltiplicatore economico totale di quasi 2.7 volte e uno occupazionale implicito di 6 volte”.
Secondo gli esperti “sono valori che provano la necessità di aprire il dibattito in merito alle principali opportunità di crescita del settore e di tutta la sua filiera, con un’attenzione particolare allo sviluppo delle attività connesse all’utilizzo delle imbarcazioni, che oggi vale oltre la metà del valore dell’impatto complessivo”.
Nel dettaglio: la cantieristica italiana, che rappresenta il 50% del portafoglio ordini globale di superyacht, si caratterizza per l’impiego di attività altamente professionali con elevato know-how e competenze tecniche, che le hanno permesso di generare un impatto economico e occupazionale complessivo di circa 11.4 miliardi di euro, coinvolgendo oltre 54.000 occupati tra diretti, indiretti e indotto. Ma attenzione: secondo lo studio di Altagamma e Deloitte un contributo ancora più rilevante viene dall’impatto che turismo nautico e flotte hanno sui territori. L’Italia, infatti, si conferma una destinazione rilevante nel panorama internazionale sia durante la stagione invernale, anche a fronte delle eccellenze manifatturiere che operano nel settore del refit, che durante la stagione estiva, grazie all’unicità e attrattività delle coste del Paese. Secondo il rapporto, dunque, “l’impatto economico totale della flotta, generato per 1/3 dal valore dalla spesa turistica sul territorio, è di 16.3 miliardi, con un moltiplicatore economico di 2.7x con 103.000 persone coinvolte a livello occupazionale”.
Una delle principali opportunità di espansione dell’indotto legato al turismo nautico deriva dallo sviluppo delle strutture portuali. Ma qui non mancano i problemi. Lo studio illustrato a Milano “certifica” infatti che “solo il 30% dei posti barca disponibili in Italia si trova in marine attrezzate e adatte a ospitare yacht e superyacht con servizi tecnici e turistici adeguati all’utenza relativa”.
L’alto di gamma, ovvero gli yacht superiori ai 18 metri, rappresenta comunque il segmento che registra il più rilevante effetto di ricaduta sul territorio: incide infatti per il 65% sull’impatto economico totale (che ammonta a 27,7 miliardi), con l’80% del valore della cantieristica. Inoltre, nonostante consista solo nel 2% circa della flotta in visita in Italia, genera il 55% del valore definito dagli esperti “downstream”, ovvero derivante dall’utilizzo delle imbarcazioni.
E ancora: è stato calcolato che la spesa sul territorio di un grande yacht è superiore di 26 volte rispetto alla media. Secondo gli esperti convenuti a Milano si tratta quindi di “un importante contributo economico e occupazionale per l’Italia, in grado di intercettare l’interesse di una nicchia globale di consumatori “alto-spendenti” i cui consumi si traducono in un elevato contributo socioeconomico, potenzialmente ancora più rilevante”.
Come detto, però, solo il 6.5% dei superyacht adotta bandiera italiana. E lo studio di Altagamma e Deloitte sottolinea che “un grande yacht immatricolato in Italia, con equipaggio italiano e sulle coste del Paese per almeno 10 settimane all’anno, genererebbe un contributo annuale complessivo pari a 1.6 milioni/barca”. Secondo gli esperti, dunque, “ospitare un numero crescente di yacht, in transito e soprattutto stanziali, genererebbe impatti rilevanti per l’economia oltre che per il livello occupazionale”.
Il già significativo impatto economico e occupazionale della nautica da diporto a livello nazionale ha quindi diverse opportunità di crescita attraverso la valorizzazione di tutta la sua filiera. E a quanto pare ci sono tutte le condizioni perché il primato riconosciuto a livello mondiale nella costruzione di yacht e superyacht possa essere esteso alla filiera dei servizi e del turismo nautico per attrarre una crescente domanda sia a livello nazionale che internazionale. Che fare per perseguire questi obiettivi?
Secondo lo studio di Altagamma e Deloitte ”le principali direttrici di sviluppo per aumentare l’indotto del turismo nautico contemplano sia degli adeguamenti normativi specifici, al fine di rendere più attrattiva la bandiera italiana, sia maggiori investimenti nelle infrastrutture portuali e servizi connessi, con un potenziamento delle competenze tecniche e gestionali e uno sviluppo di piattaforme innovative e sostenibili”. Tutto ciò – aggiungiamo noi – nella speranza che il Paese finalmente comprenda quanto alto sia il valore di un territorio disteso come un grande pontile nel cuore del Mediterraneo, che con una portualità adeguata potrebbe sviluppare il turismo nautico e farne una delle voci salienti della propria ricchezza.