NAPOLI - La nautica italiana è in ripresa e il turismo nautico va meglio di qualche anno fa. Ma non basta. Burocrazia e normative sulla gestione del territorio, ovvero delle nostre magnifiche coste, sono tuttora al centro di dispute e polemiche senza fine. Con l’aggravante che gli operatori del settore, divisi, com’è noto, in due distinte associazioni di categoria (Ucina da una parte, Nautica Italiana dall’altra) riescono a litigare anche sul cosa fare per valorizzare la risorsa del turismo nautico.
Un settore – vale la pena sottolinearlo – che rappresenta un importante volano di sviluppo economico, visti i 157 mila posti barca censiti dal ministero delle Infrastrutture e Trasporti nel 2015 e le 7000 “toccate” di yacht e super yacht registrate ogni anno nel nostro Paese, con permanenze medie di 2,8 giorni. Illuminante, in proposito, ciò che ha dichiarato a inizio luglio il direttore di Marina di Varazze, Giorgio Casareto: “L’impatto del turismo nautico sul Pil del nostro territorio vale 12,5 milioni di euro quando il porto è pieno”. Il calcolo si basa su una media di quattro persone per barca (esclusi i natanti) per una permanenza in porto di 50 giorni/anno, e riguarda spese per posto barca, carburante, servizi, ristorazione, shopping, cultura.
Tutto ciò dovrebbe incoraggiare lo sviluppo del settore e dare forza alle politiche di valorizzazione il turismo nautico. Ma tra i tanti ostacoli incontrati strada facendo dagli operatori c’è quello delle concessioni demaniali: tema legato alla costruzione e alla gestione dei porti turistici, tornato d’attualità dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 157 del 6 luglio 2017, che ha dichiarato l’illegittimità della Legge della Regione Toscana n. 31 del 9 maggio 2016 sulle concessioni.
Senza entrare nel merito della pronuncia, c’è da capire che cosa fare per trovare il modo di risolvere il problema delle concessioni, oggettivamente complicatosi, mentre c’è urgenza di semplificazione. Ed è qui che gli operatori si perdono in polemiche che non possono sicuramente giovare alla causa.
Secondo Nautica Italiana, scesa subito in campo con una dichiarazione del presidente Tacoli, «la pronuncia della Corte dimostra le lacune dell’attuale quadro normativo e dunque chiediamo che venga accelerato l’iter legislativo di riordino delle concessioni demaniali marittime».
Secondo Ucina, invece, è necessario «fare bene, non fare presto». Il presidente di Assomarinas e consigliere di Ucina Roberto Perocchio si è detto «stupito dalle intempestive dichiarazioni di Tacoli» e ha ricordato il lavoro, tuttora in corso, per far intendere al governo e alle istituzioni quanto importante sia rivedere la riforma, nell’interesse delle strutture ricettive e di quelle produttive.
«Altro che accelerare sul DDL di riforma del demanio, semmai il contrario - sostiene Ucina -. Stiamo cercando di far sollevare a Governo e Parlamento il piede dall’acceleratore di un veicolo che ci porta tutti dritti contro un muro. L’uscita di Lamberto Tacoli lascia molto perplessi. Se questa riforma prosegue, infatti, otterremo solo che tutte le concessioni, sia quelle dei porti turistici, sia quelle dei cantieri navali, finiranno totalmente equiparate a quelle degli stabilimenti balneari. Che, fra l’altro, hanno già molti problemi».