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Il quadrifoglio è probabilmente il portafortuna più diffuso del mondo occidentale. Antiche credenze a parte, certamente di fortuna ne portò all’Alfa Romeo RL che – con il verde amuleto dipinto sulla carrozzeria – conquistò la Targa Florio del 1923. Una vittoria rocambolesca, quella di Ugo Sivocci considerato un eterno secondo, conquistata per la squalifica del compagno di scuderia Alberto Ascari squadra, punito per avere caricato, portandoli oltre il traguardo, i meccanici che avevano riavviato il motore, spentosi a 200 metri dall’arrivo.
Il primo successo, ma anche il prodromo di una tragedia: neppure quattro mesi dopo, infatti, lo stesso Sivocci perse la vita al volante della sua Alfa P1 numero 17 (poi ritirato per decisione di Nicola Romeo) che, priva del bene augurante disegno, uscì di strada a Monza durante le prove del primo Gran Premio d’Europa.
Da allora, il Quadrifoglio Verde è diventato il simbolo di tutte le Alfa da competizione, accompagnandone l’interminabile sequenza di successi internazionali e contribuendo a costruire una leggenda sportiva capace di sopravvivere nella memoria degli appassionati alle peripezie che certo non sono mancate nella storia del marchio, arrivandone persino a metterne in discussione la sopravvivenza.
Un rischio che oggi, con la nascita del gruppo Stellantis, sembra definitivamente scongiurato, sulla scia di un piano strategico ambizioso e credibile che ha scelto il mitico Quadrifoglio per identificare le versioni più performanti, e proprio per questo capaci di rivitalizzare l’entusiasmo degli appassionati più fedeli che si riconoscono nei 98 club ufficiali diffusi in ogni continente, come mostra l’esauriente elenco disponibile sul sito del marchio.
Questo orgoglioso (e confortante anche in prospettiva futura) ritorno al passato trova oggi espressione nelle versioni Quadrifoglio di Giulia e Stelvio che, fresche di un restyling che non a caso ha coinciso con il 100° compleanno dello storico emblema verde e che abbiamo avuto modo di provare sia in pista, sia sulle strade aperte al traffico che si snodano nei dintorni del Balocco Proving Ground, il Centro prove a mezza strada tra Milano e Torino che Stellantis ha ereditato da Fca, la quale a sua volta ne era entrata in possesso nel 1986, con l’acquisizione da parte di Fiat della casa del Biscione che questa preziosa ed efficiente struttura aveva creato un quarto di secolo prima.
Seppur rinnovati, più sotto l’aspetto tecnico che dal punto di vista estetico, entrambi i modelli più sportivi del marchio condividono – come del resto fanno anche le versioni meno “estreme” di entrambi i modelli – la motorizzazione. In questo caso, a rombare è il 6 cilindri 2.9 biturbo a benzina che mette a disposizione 520 cv e 600 Nm di coppia massima, ben “assecondato” in tutte le situazioni di guida dal cambio automatico ZF a 8 rapporti.
A fare la differenza sono ovviamente le caratteristiche più legate alla diversa categoria di appartenenza delle due vetture che sono, lo ricordiamo per quei pochi che non lo ricordassero, una berlina e un Suv. Quest’ultimo, per esempio, prevale per quanto riguarda il peso in ordine di marcia (1.850 kg contro 1.660), la lunghezza di 4.701 mm (la Giulia si “ferma” a 4.639), la larghezza senza retrovisori (1.955 mm contro 1.874) e ovviamente l’altezza da terra di 200 mm. contro i 107 della berlina, la quale si prende la “rivincita” sia per quanto riguarda le emissioni di CO2 che nel ciclo di prova Wltp si attestano a 229 g/km rispetto ai 267 g/km del “cugino” a ruote alte, sia per la resistenza aerodinamica certificata dal Cx: 0,31 per Giulia, 0,34 nel caso di Stelvio. Dato comunque eccellente per un Suv di dimensioni e proporzioni importanti. Non è ovviamente proponibile il confronto della capacità di carico, che per Stelvio varia da 522 litri ai 1.600 che si ottengono abbattendo gli schienali dei sedili posteriori mentre la Giulia, che come tutte le berline a 3 volumi ha il bagagliaio separato dall’abitacolo, si deve “accontentare” di 480 litri.
In termini di prestazioni pure, la differenza di stazza in presenza del medesimo powertrain si fa sentire per quanto riguarda la velocità massima di 308 km orari per la Giulia e di 285 per lo Stelvio, mentre sembra avere un impatto più limitato sull’accelerazione 0-100, con il Suv che rivendica una performance migliore, seppure di un’inezia: 3,8 secondi rispetto ai 3,9 della berlina.
Valori comunque indicativi di un’eccellenza sportiva di cui entrambi i modelli hanno dato conferma nei test di guida durante i quali Giulia ha ribadito il ruolo che già le era stato riconosciuto: quello di punto di riferimento assoluto – per assetto e comportamento dinamico – nella categoria di appartenenza. Da parte sua, Stelvio ha addirittura entusiasmato in pista, complice l’esaltante sound regalato dal 6 cilindri quando si seleziona la modalità Race che ha esaltato l’equilibrio e la disinvoltura dimostrati nei passaggi più impegnativi del tracciato di Balocco, dove non ha mai dato la sensazione di guidare una vettura a ruote alte. Un’ulteriore testimonianza dello straordinario bagaglio tecnico su cui il Biscione punta per tornare ai fasti di un tempo e ridare il lustro che le compete a un’immagine che neppure le peripezie del passato sono riuscite ad appannare.