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ROMA - A valle della problematica emersa con il cosidetto Dieselgate, si è ingenerato un sentimento fortemente negativo nei confronti di questo tipo di motorizzazione. Tale sentimento è stato ed è utilizzato, tuttora, da alcune amministrazioni locali che demagogicamente cercano consenso generando le preoccupazioni dei cittadini. Il parco Circolante italiano è pari a 37 milioni di veicoli, un terzo di questi circa 13 milioni risponde a normative ante Euro 4. Addirittura 8 milioni hanno più di 18 anni! Relativamente a questa situazione abbiamo chiesto a Fabrizio Faltoni, Presidente e Amministratore Delegato di Ford Italia, cosa ne pensa al riguardo.
Qual’è la sua visione generale di questa problematica?
«Partiamo da una considerazione generale: la Ford (come del resto tutte le case automobilistiche) da sempre investe molti milioni, ogni anno, per sviluppare tecnologie e motori che migliorino le prestazioni e l’efficienza delle vetture riducendone l’impatto ambientale. E’ proprio una mission che aziende come la nostra hanno in cima alle proprie priorità. Questi investimenti sono stati rivolti, oltre che verso motorizzazioni alternative, anche verso un continuo sviluppo delle motorizzazioni tradizionali ed in particolare del diesel con il risultato che gli attuali motori diesel euro 6 continuano ad avere emissioni di CO2 inferiori ai motori benzina ed hanno raggiunto livelli di emissioni di NOx molto bassi e in linea con quelle dei motori benzina! Uno studio ACEA dimostra, infatti, come nel settore dei trasporti stradali, negli ultimi 20 anni, siano stati fatti progressi decisamente rilevanti sia in termini di emissioni di CO2 che di emissioni di NOx e PM. Con riferimento a questi ultimi, i motori di ultima generazione (dagli Euro 5 in poi) sia benzina sia diesel sono stati in grado di ridurne le emissioni addirittura del 96% rispetto a vent’anni fa portandole a livelli che possono essere definiti trascurabili. Il tutto grazie all’introduzione di sempre più sofisticati filtri anti particolato. La problematica dell’inquinamento ambientale è stata ed è troppo spesso affrontata con superficialità facendo focus su quelli che definirei i “bersagli facili” (gli autoveicoli) anzichè sul quadro d’insieme. Come confermato infatti dai dati della European Environment Agency, solo il 13% delle emissioni di CO2 sono imputabili ai veicoli. E’ del tutto evidente quindi come il problema risieda anche altrove ma poco se ne parla».
A quali conclusioni la portano queste premesse generali?
«I dati riportati sopra, unitamente ad uno studio effettuato recentemente dal CNR portano ad una conclusione: i motori di oggi rispondenti alle normative EURO 6 (ma già anche gli EURO 5) sono motori le cui emissioni in termini di agenti inquinanti possono essere considerate trascurabili. Tutto ciò porta ad un’altra considerazione: se le emissioni inquinanti sono state drasticamente ridotte allora nei prossimi anni dovremo preoccuparci principalmente delle emissioni di CO2 e su questo il contributo delle motorizzazioni Diesel di ultima generazione resterà rilevante. Proprio per questo sono incomprensibili i provvedimenti contro le motorizzazioni diesel euro 6! Da un punto di vista ambientale sarebbe molto più veloce ed efficace pensare a come sostenere lo svecchiamento del parco da euro 1 ad euro 3 che – oggi – rappresenta circa il 38% del totale circolante».
Lei diceva che questa “cattiva” informazione si traduce in un aggravio per i clienti: ci può spiegare perchè? «E’ abbastanza intuitivo anche se nessuno ne parla! Creare un sentimento così negativo nei confronti delle motorizzazioni Diesel, specialmente quelle di ultima generazione, porta alla conseguenza che i consumatori, spaventati da annunci di blocchi stradali per le motorizzazioni diesel specialmente nelle grandi città, sono indotti a non acquistare questo genere di vetture (o a disfarsi della propria) per paura di vedersi penalizzati nella libertà di movimento quotidiano che è principalmente legata alle loro attività lavorative. Acquistano quindi vetture a benzina che, se anche hanno un costo mediamente inferiore al momento dell’acquisto, hanno anche mediamente un’efficienza minore che porta a dei consumi più alti in media del 20%. Questo, tenuto conto del maggior costo della benzina rispetto al gasolio e ricordando che un italiano in media fa 13.000 km l’anno in macchina, porta ad un aggravio di costo di 450/500 euro l’anno per automobilista. Questo aggravio moltiplicato per il tempo medio di possesso di una vettura ad oggi nell’ordine dei 7/8 anni, porta ad un totale aggravio di costi tra i 3000 e i 5000 euro. Non dimentichiamoci, poi, che il terrore creato intorno all’inutilizzabilità delle vetture diesel sta portando ad una inevitabile svalutazione delle vetture usate che i clienti portano indietro per acquistare il benzina. Il tutto come abbiamo visto dai dati citati prima, senza alcun motivo scientifico alla base e senza quindi portare alcun beneficio aggiuntivo concreto alla qualità dell’aria. A questo si aggiunge il grande problema che si viene a creare per tutta la filiera automobilistica (Produzione, distribuzione ed assistenza, componentistica) che nel 2017 ha rappresentato, non dimentichiamocelo, oltre il 10% del PIL».
Ma allora quale dovrebbe essere secondo lei la soluzione?
«Non posso affermare di avere la soluzione perfetta in tasca ma posso dirle qual’è la visione della Ford e anche dell’UNRAE in materia. Gli anni che abbiamo davanti a noi, diciamo i prossimi 10/15 anni, saranno anni di transizione che richiederanno (o richiederebbero) una politica “illuminata” di accompagnamento di tale processo. Ci vuole una cabina di regia: vorrei stimolare il nuovo governo ad individuare chi possa tracciare il percorso per accompagnare il cambiamento garantendo la mobilità individuale e coordinando ed armonizzando gli interventi necessari soprattutto le misure da adottare a livello locale (ZTL, parcheggi a pagamento ecc) evitando soluzioni ideologiche e non governanti. Tale accompagnamento deve essere guidato dal principio della neutralità tecnologica principio secondo il quale si dovrebbero utilizzare tutte le moderne ed efficienti alternative possibili per arrivare agli obiettivi di abbassamento di emissioni. Una giusta combinazione di propulsori tradizionali e alternativi che senza rappresentare un aggravio per i cittadini e quindi senza crear loro un danno economico, tuttavia agiscano concretamente nella direzione voluta. Per capirci, come accennavo prima, uno stato o un’amministrazione locale realmente attenta alle problematiche dell’aria dovrebbero focalizzare gli sforzi sull’accelerazione dello svecchiamento del parco circolante. Gli studi citati, infatti, dimostrano che se per incanto noi facessimo sparire dalla circolazione tutti i 13, 5 milioni di veicoli ante Euro 4 – oltre i automobile su 5 è “maggiorenne”! - ci troveremmo in una situazione in cui il problema delle emissioni legate ai veicoli sarebbe praticamente azzerato e questo indipendentemente dal fatto che un cliente acquisti una vettura benzina o Diesel purchè questa risponda alla normativa Euro 6 ed Euro 6d. Continuando con i ritmi attuali di rottamazione, senza interventi specifici e strutturati, si impiegherebbero 33 anni per eliminare tutte le vetture inquinanti. A breve, una soluzione potrebbe essere quindi quella di aiutare chi, ad oggi, non e’ riuscito per mancanza di agevolazioni a sostituire la sua auto “maggiorenne”: immaginiamo una detrazione fiscale strutturata in modo simile a quanto previsto per gli interventi di efficientamento energetico – il cosiddetto “ecobonus” – ad es del 10% fino ad un max di 2000 euro per chi sostituisce un’auto ante euro 3 con una nuova euro 6 o anche una usata euro 5. A medio lungo termine, bisogna promuovere infrastrutture per sviluppo di stazioni di ricarica anche rapida con agevolazioni per l’acquisto e l’installazione di dispositivi di ricarica privati e condominiali (in Francia si arriva fino al 30%). Il nuovo governo Conte, tramite Di Maio, ha dichiarato di voler garantire incentivi - per un milione di macchine nei prossimi 5 anni - a chi acquisterà automobili elettriche. Nel 2017 ne sono state vendute appena duemila e questo da la misura della reale efficacia che avrebbe un tale provvedimento e soprattutto dei reali potenziali volumi di sostituzione Sicuramente comunque un tale intervento non sarebbe di nessuna utilità se prima (o almeno contestualmente) non si incentivassero le infrastutture. Una combinazione delle misure sopra citate configurerebbe invece lo scenario ideale per accompagnare il cammino, sempre più concreto ma non così vicino, verso una mobilità elettrica e quindi ad emissioni allo scarico pari a zero. Parliamo di emissioni allo scarico perchè poi bisognerebbe chiedersi quale sia il livello di emissioni di agenti inquinanti o clima-alteranti generato dalla produzione dell’energia elettrica necessaria per ricaricare i veicoli elettrificati ma questo è un altro capitolo della storia......».
Per concludere: lei è quindi contro ad ogni forma di blocco della circolazione?
«Ovviamente no. I dati che citati dicono chiaramente che ci sono ancora troppi veicoli inquinanti in circolazione. Stiamo parlando sempre di quei 13,5 milioni di veicoli ante Euro 4. Su questi è condivisibile l’applicazione di politiche progressivamente sempre più restrittive perchè le stesse avrebbero effettivamente delle conseguenze positive per la qualità dell’aria, specialmente delle grandi città. Come sempre però non ci si può limitare a vietare: bisogna offrire delle alternative che consentano alle persone di continuare a fare ciò che devono fare ogni giorno per vivere. Bisogna quindi offrire i citati incentivi alla sostituzione delle vetture inquinanti con vetture non inquinanti e, al tempo stesso, lavorare seriamente per il miglioramento della mobilità pubblica che, senza voler aprire un altro capitolo lungo e complicato, non si può dire che sia all’altezza delle esigenze di città importanti e complesse come i grandi capoluoghi di regione italiani».