Nella sua seconda vita l’Isotta Fraschini vivrà una prima volta. Il glorioso marchio milanese infatti non ha mai partecipato alla 24 Ore di Le Mans nella sua prima vita, quella che ha vissuto dal 1900 al 1949, ma lo farà quest’anno. Com’è noto infatti, alla fine del 2018 un gruppo di imprenditori, capitanato da Alessandro Fassina (ex campione italiano rally nel 1990 e mondiale gruppo N nel 1993), ha deciso di far rivivere uno dei marchi più prestigiosi della storia dell’automobile con un obiettivo chiaro: costruire un prototipo da competizione da schierare alla corsa più famosa del mondo e da essa ricavare supercar stradali dalle prestazioni assolute, degne dell’esclusività e della raffinatezza tecniche per le quali le Isotta Fraschini erano famose nel mondo.
Per questo si è optato per il regolamento tecnico LMH (Le Mans Hypercar) progettando un prototipo da zero invece dell’LMDh che permette di utilizzare telaio, trasmissione e parte elettrica standard. Il risultato è la Tipo 6 LMH Competizione progettata interamente dalla Michelotto di Padova sotto la direzione tecnica di Claudio Berro (Peugeot, Ferrari, Lotus, Maserati…) e realizzata insieme a partner di primo livello. Il telaio infatti è della ARS Technologies di Controguerra (TE) e il motore è un V6 3 litri con un solo turbocompressore tra le bancate a 90° costruito dalla tedesca HWA, da Hans Werner Aufrecht, uno dei fondatori di AMG. Vengono invece dal Regno Unito il cambio a 7 rapporti della Xtrac, il motogeneratore anteriore da 200 kW della Helix e la batteria della Williams.
Il programma era di schierare due vetture con due team diversi. Sembrava fatta per la prima con la Vector, ma sono intervenuti problemi e l’unica schierata per quest’anno è affidata alla francese Duqueine. I risultati finora sono stati deludenti: un ritiro in Qatar, un 17° posto a Imola e un 15° a Spa-Francorchamps sono la dimostrazione che c’è ancora molto da lavorare, ma forse il fattore fondamentale è rappresentato dai piloti. Il 19enne statunitense Carl Bennett e il 21enne canadese Antonio Serravalle stanno correndo su piste che non conoscono mentre l’unico uomo di esperienza, Jean-Karl Vernay, che a Le Mans ha vinto nella classe GT l’unica volta che vi ha corso, non ne vede il tracciato da 11 anni. Eppure la Tipo 6 LMH è una vettura valida. Durante le prove a Monza prima del debutto è infatti arrivata a 3 decimi dalla pole position della Toyota GR010 all’ultima edizione della 6 Ore e il pesante Balance of Performance dimostra come i dati rilevati dalla FIA e dell’ACO al banco e in galleria del vento siano competitivi.
La Tipo 6 LMH è partita in Qatar con ben 1.085 kg di peso e 514 kW di potenza e con 1.058 kg e 520 kW nelle due gare successive. E a Le Mans sarà anche leggermente peggiore con 1.060 kg, in compenso avrà più energia di tutti (923 MJ) per ogni stint. Per fortuna, proprio in questi giorni ci sono buone novità a livello societario. Arrivano infatti a rinforzare finanze e quadri il nuovo amministratore delegato Miguel Valldecabres, che sostituisce Enzo Panacci, e l’italo-americano Sandro Bortesi come Direttore Generale. Due personaggi con un piede nel mondo delle competizioni e della mobilità e l’altro in quello degli investimenti e dell’industria che promettono di portare nuove risorse e nuove idee.