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MAGONZA – Marco Gianotti si limita a dire che il suo hobby gli consente di “tenersi in forma”. Ma il triathlon non è esattamente uno scherzo, anche se il 30enne torinese che ha studiato presso l'Istituto Europeo di Design della sua città ammette di non essersi ancora confrontato con l'Ironman, una prova massacrante. «In realtà – confessa la giovane “matita” ingaggiata già sei anni fa da Hyundai Europe – quando corro mi si libera la mente. E mi vengono delle idee».
E poi cosa succede?
«Certe volte me le dimentico... Ma quasi sempre quando poi arrivo a casa mi appunto le cose su un foglietto che poi mi porto al lavoro».
L'ispirazione ti viene per strada, insomma.
«Anche per strada, anche. In ufficio si lavora diversamente. Ma quando esco vedo macchine, tante macchine. E magari mi rendo conto di quello che è già stato fatto e che quindi è preferibile non rifare».
Come mai hai scelto di disegnare auto?
«Disegno auto perché ho sempre respirato aria di motori a casa: mio papà aveva un negozio di ricambi. Ha avuto una grossa influenza, ma devo dire che sono sempre stato attratto da questo 'oggetto in movimento'».
Il fascino della velocità?
«Per me il movimento rappresenta il cambiamento: nella percezione, nei volumi... Ogni volta che vedo un'auto da un'angolazione diversa scopro cose nuove. Questo fatto mi ha affascinato».
Il primo bozzetto?
«Volevo modificare il frontale della macchina di mio padre. Avevo cercato di renderla più innovativa. È stato il momento in cui ho capito che quella era la mia strada. In realtà mi sono reso conto solo anni dopo che era stato il bivio della mia vita».
Disegnare auto, soprattutto a Torino, è un'attività “nobile”.
«Quasi dieci anni fa, quando ho cominciato io, il car design era diventato qualcosa di tangibile, ma dire che andavi a studiare quello e non economia non era proprio la stessa cosa».
Quando tempo serve per sviluppare un progetto?
«Dipende da quanta libertà abbiamo. Da quando sono in Hyundai mi sono occupato del restyling di tre modelli. Sulla i20, ad esempio, i fari non potevamo toccarli, mentre al posteriore abbiamo cambiato tutto, incluso il posizionamento della targa».
E sulla nuova i30, quella della quale avresti dovuto parlare a Ginevra?
«Sulla i30 abbiamo avuto il via libera per cambiare il frontale e anche il disegno dei fari è completamente nuovo, non solo la firma luminosa. Li abbiamo spostati più in alto di dodici millimetri e siamo comunque riusciti a farci stare la tecnologia che avevamo in mente. Così abbiamo ricavato più spazio per la griglia, accompagnata da due 'ali' nel paraurti che, visivamente, abbassano e allargano l'auto».
Scusa, i tempi?
«Tra bozzetti e prima realizzazione in 3D diciamo non meno di un anno. E sono anche dovuto andare in Corea del Sud a presentare il progetto».
E adesso la “tua” rivisitata i30 compete con una vettura di straordinario successo come la Golf...
«Già. Ma è il bello del nostro lavoro: mica ci si può tirare indietro di fronte alle sfide. Aggiungo che, almeno a mio parere, la declinazione N Line sarà una rivale vera delle versioni più sportive della Golf».
La Hyundai più bella?
«Mi metti in difficoltà perché negli ultimi anni ha creato modelli molto interessanti. Penso all'ultimo Tucson o alla nuova i10. Mi sento anche di aggiungere che adesso vedo l'intero gruppo con occhi profondamente diversi da come lo vedevo quando ero studente».
La Hyundai che vorresti disegnare?
«È una coupé. Anzi: una coupé supersportiva. Cioè un oggetto completamente nuovo rispetto alle Hyundai che ci sono in circolazione attualmente. Vorrei disegnare una vettura estrema e, perché no, elettrica».