ROMA - Una flotta di 250 aerei in servizio permanente effettivo (90 in Europa) e un’armata di veicoli stradali di vario tipo (32.500 nel mondo, 19.000 in Europa, tra camion, furgoni, automobili, biciclette, tricicli) pronti a muoversi per consegne rapide, con l’obiettivo di soddisfare una domanda crescente. È questo, in strettissima sintesi, il lavoro quotidiano, H24, di DHL, colosso della logistica e della consegna rapida di documenti e merci urgenti in oltre 220 paesi sparsi nel pianeta.
Riconosciuto come servizio d’eccellenza anche in Italia, dove la distribuzione è affidata a 1800 furgoni e 300 mezzi pesanti, il lavoro di DHL è esposto ad un rischio gravissimo: una produzione spropositata di CO2, a danno dell’ambiente e della salute collettiva. Ma l’amministratore delegato di DHL Italia, Alberto Nobis, per forza di cose diventato uno dei più attendibili esperti di eco-mobilità, rassicura: «La ricerca della migliore efficienza della nostra flotta è una priorità che ci siamo dati da tempo e i risultati raggiunti sono molto soddisfacenti».
Che cosa fa DHL per ridurre l’impatto ambientale provocato dai propri veicoli?
«Innanzitutto – spiega Nobis – ci siamo fatti un esame di coscienza, partendo da un dato molto allarmante, che risale al 2008, quando è stato calcolato che DHL produceva l’1% della CO2 del mondo. Da allora, consapevoli di essere in debito con il pianeta, ci siamo imposti di fare della riduzione dell’inquinamento atmosferico una parte fondamentale della nostra strategia d’impresa».
E su che cosa avete puntato?
«Abbiamo varato il progetto Go-Green e ci siamo posti un obiettivo: ridurre del 30%, entro il 2020, le emissioni inquinanti per ogni collo movimentato. Ma abbiamo bruciato le tappe, e questo obiettivo è stato raggiunto già nel 2017, con una punta avanzata in Italia, dove in alcuni casi l’efficienza è migliorata del 70%».
Con quali strumenti avete agito?
«Innanzitutto abbiamo rinnovato la flotta aerea. Poi abbiamo puntato, ovviamente, anche su furgoni, camion e auto. Abbiamo rinnovato il parco assicurandoci che i veicoli utilizzati dai nostri autotrasportatori rispondessero tutti alla normativa Euro 6».
Ciò vuol dire che utilizzate ancora veicoli diesel e benzina?
«In alcuni casi sì, come nel caso dei mezzi pesanti Mercedes, che adottano motori 6 cilindri a gasolio particolarmente efficienti e sono adatti alle lunghe percorrenze (sono l’Actros e l’Antos, che secondo i dati emersi dai test comparativi del programma Fuel Duel consumano il 10,4% meno dei competitors, ndr). Ma intanto abbiamo fatto anche un accordo con Iveco per i veicoli alimentati a gas metano. Da Toyota, invece, abbiamo acquistato 350 ibride, auto aziendali destinate agli spostamenti del personale, non per le consegne».
Ma la scelta ideale non è l’auto elettrica?
«Abbiamo acquisito circa 50 veicoli Nissan a emissioni zero (gli e-NV200, ndr): sono ideali soprattutto per le consegne nelle città, dove il tema dell’inquinamento è più sentito. Venti veicoli elettrici – aggiunge Nobis - verranno utilizzati a Napoli, con base nel polo logistico dell’aeroporto di Capodichino, dove stiamo investendo, in accordo con la società di gestione Gesac, oltre dieci milioni di euro per l’ampliamento degli spazi e l’ottimizzazione del servizio».
Da un’azienda responsabile come DHL ci si aspetterebbe qualcosa in più sul fronte della mobilità elettrica. Forse vi frenano i problemi di autonomia e di distribuzione dell’energia?
«No. L’autonomia non è eccezionale, in termini reali si aggira attorno ai 180 chilometri, ma non è questo un problema per chi, come noi, effettua consegne in ambito urbano nel giro di poche ore. E non è un problema neanche la ricarica, in quanto abbiamo le colonnine nei nostri centri logistici. Semmai il problema sta nella capienza dei veicoli, condizionata dalla presenza delle batterie. Comunque siamo in costante contatto con Nissan e seguiamo con attenzione gli sviluppi dei loro progetti e l’aggiornamento della gamma, mentre in Germania la nostra casa madre (DHL è parte di Deutsche Post, ndr) è da tempo al lavoro con Volkswagen e Ford per l’assemblaggio ideale dei loro furgoni ecologici».
L’impegno sul fronte ambientale ha influito sui costi di gestione?
«No. Abbiamo calcolato che a parità di costi le emissioni si sono ridotte del 30%. E questo è un dato molto positivo».
La crescita dell’ e-commerce ha creato problemi?
«Indubbiamente l’e-commerce cresce velocemente e complica la logistica, nel senso che prima si passava dal deposito al negozio/rivenditore, oggi si va dal deposito a una moltitudine di privati. Però questa è la realtà e ci siamo adeguati rapidamente. Basti dire che per Amazon abbiamo investito un miliardo di euro».
Che cosa si aspetta dal futuro della distribuzione “politicamente corretta”? Arriveranno i droni per le piccole consegne e i veicoli a guida autonoma?
«Se ne parla molto e si fanno anche esperimenti. Ma è presto per dirlo. Intanto posso dire che per le piccole consegne ci siamo orientati anche sulle biciclette a pedalata assistita, che in alcune città, come Milano, hanno un grande successo. L’innovazione passa, comunque, anche dalle consegne con certificazione di risparmio energetico e, soprattutto, dalla possibilità di concentrare più cose verso un unico indirizzo, per più destinatari. Poi, se il progresso ci porterà anche droni e veicoli a guida autonoma, ci adegueremo».